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Juventus Football Club 1897 – 1998/99

Forte dei risultati conseguiti nella seconda metà degli anni 1990, che l’avevano posizionata a migliore squadra d’Italia nonché ai vertici del panorama continentale, anche per la stagione 1998-1999 la Juventus era accreditata dei favori del pronostico su tutti i fronti. Per quanto concerne la rosa, in controtendenza rispetto ai mercati tourbillon degli anni passati, stavolta la compagine sabauda mantenne pressoché inalterato l’organico detentore dello Scudetto, confermando la fiducia in primis al tandem offensivo Inzaghi-Del Piero che tanto si era rivelato prolifico nella stagione precedente, a uno Zidane all’apice della carriera, fresco campione del mondo a Francia 1998 e prossimo a essere insignito a fine anno del Pallone d’oro, oltreché al tecnico Marcello Lippi alla sua quinta annata in sella alla squadra — seppure già in predicato di lasciare Torino di lì al termine del campionato.

Gli unici movimenti estivi di rilievo riguardarono la difesa, con la cessione di uno dei baluardi del decennio, il terzino Torricelli, e l’acquisto del giovane jolly Tudor, mentre il resto dei rinforzi si limitò a semplici mestieranti come Mirković, promettenti ma ancora troppo acerbi elementi come Perrotta e vere e proprie meteore come Blanchard. Scelte di mercato che a posteriori lasciavano presagire un’annata avara di gioie per il club piemontese, causa un gruppo storico ormai rimasto «senza benzina e motivazioni». Una situazione palesatasi fin dal debutto ufficiale in agosto, quando la Vecchia Signora si lasciò sfuggire il primo trofeo in palio, la Supercoppa di Lega, persa al Delle Alpi contro la Lazio. Da sinistra: un Deschamps al passo d’addio a Torino, la meteora bianconera Blanchard e l’istambulino Ümit Davala nell’esordio stagionale in Champions League: le sfide con il Galatasaray si rivelarono critiche sul piano diplomatico, causa la tensione tra Italia e Turchia sul caso Öcalan.

Nonostante tutto la squadra parve riprendersi immediatamente, registrando un avvio positivo in Serie A che la portò all’inizio di novembre a prendere la testa della classifica; tuttavia ciò sarà solo un fuoco di paglia, poiché ben presto l’annata bianconera si avvitò in una spirale negativa. Nella trasferta di Udine dell’8 novembre 1998 gli uomini di Lippi persero il primato e, ancora peggio, il loro leader Del Piero incappato in un grave infortunio che lo costringerà a chiudere anzitempo la stagione: da qui in avanti la Juventus si sfaldò improvvisamente, inanellando una serie nera di 6 gare senza vittorie in campionato, comprese 3 sconfitte consecutive — in cui peraltro stabilì il poco invidiabile record societario di 511′ senza andare in gol —, che già in dicembre la fece abdicare anzitempo nella difesa dello Scudetto.

Frattanto i bianconeri trovarono parziale consolazione in Champions League dove superarono la fase a gironi, pur senza brillare, poiché l’unica e a conti fatti decisiva vittoria del raggruppamento preliminare arrivò solo all’ultima giornata, dopo una pareggite cronica, quando il successo interno sul Rosenborg permise di ottenere sul filo di lana un’insperata qualificazione a scapito degli stessi norvegesi e dei turchi del Galatasaray, battuti solo per classifica avulsa. In questa fase il cammino continentale della squadra s’era peraltro intersecato con la politica internazionale, con la trasferta di Istanbul dapprima rinviata per ragioni di sicurezza e poi giocata sotto critiche condizioni di ordine pubblico, causa la grave crisi diplomatica in atto tra i governi italiano e turco a seguito del caso Öcalan. L’attaccante francese Thierry Henry, rinforzo di metà stagione, non riuscì a fare la differenza in un ambiente juventino ormai in crisi, lasciando più di un rimpianto circa il suo fugace semestre torinese.

Lo scampato pericolo di una precoce eliminazione europea non riuscì comunque a rasserenare un ambiente che, già falcidiato dalla sfortuna per via di numerosi infortuni che mutilarono a più riprese l’undici titolare, e preda di una crescente disaffezione da parte di tifosi sempre più sfiduciati, si ritrovò anche scosso da crescenti e violenti nervosismi tra l’allenatore Lippi e fronde dello spogliatoio, su tutte quella dei senatori Conte e Deschamps. Non aiutò a placare gli animi, il fatto che lo stesso tecnico viareggino avesse ufficializzato in dicembre il suo prossimo addio a Madama per accasarsi, dall’estate seguente, agli storici rivali dell’Inter, perdendo così anche l’appoggio della dirigenza juventina; nonché, quasi in risposta, la repentina decisione da parte della stessa di sostituirlo in pectore con Carlo Ancelotti, un nome tuttavia fortemente inviso alla tifoseria causa i suoi trascorsi, prima in campo e poi in panchina, con alcune «rivali acerrime» del club bianconero.

Il mercato di riparazione non riuscirà a sanare la situazione, e anzi parve riflettere il problematico andamento stagionale della squadra. L’inverno torinese accolse infatti l’evanescente Esnáider, col senno di poi tra i più clamorosi bidoni della storia juventina, e soprattutto una grande occasione mancata, ovvero un Henry in rampa di lancio e destinato a un luminoso futuro, ma che nella circostanza, finito nel tritacarne di un ambiente alla deriva oltreché di equivoci tattici, della sua effimera esperienza in Piemonte lascerà solo pochi lampi e tanti rimpianti. Cominciato negativamente il 1999 con l’eliminazione dalla Coppa Italia per mano del Bologna, il punto più basso della stagione arrivò il 7 febbraio quando, dopo la netta sconfitta interna contro il Parma (2-4) davanti a una tifoseria inviperita, e al culmine di settimane di tensione, Lippi rassegnò le dimissioni, chiudendo nella maniera più rumorosa quello che rimarrà il suo primo ciclo sulla panchina sabauda. Dalla 21ª giornata di campionato gli subentrò proprio il già designato Ancelotti, chiamato con qualche mese di anticipo sotto la Mole. Zinédine Zidane regalò una delle poche gioie stagionali ai tifosi bianconeri con la vittoria del Pallone d’oro 1998.

All’altalenante cammino in Serie A, con i torinesi ormai relegati alla zona UEFA, fece da contraltare una Champions League dove sembravano poter ancora dire la loro. Superato in extremis lo scoglio Olympiakos ai quarti di finale, la squadra si spinse fino alle semifinali dove venne eliminata dal Manchester Utd, futuro vincitore dell’edizione: i Red Devils prevalsero con un risultato totale di 4-3, pareggiando 1-1 l’andata all’Old Trafford e vincendo 3-2 il ritorno al Delle Alpi — con molte recriminazioni da parte bianconera per la gestione di quest’ultima gara, soprattutto per l’harakiri di aver sprecato un doppio vantaggio iniziale. Chiuso al sesto posto, pari punti con l’Udinese, un deludente campionato, a corollario dell’infausta stagione la Juventus perse anche il doppio spareggio contro i succitati friulani per l’accesso diretto alla Coppa UEFA, venendo declassata nell’accessoria Coppa Intertoto da disputarsi di lì a poche settimane.

L’annata pose praticamente fine al vittorioso ciclo bianconero degli anni 1990, portando inoltre all’addio di vari elementi-cardine dello stesso come Di Livio, Deschamps e Peruzzi.


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