Advertisement

Ad Ascoli Piceno i palloni smarriti di un’Italia che non c’è più

La pulizia del tetto di una chiesa ad Ascoli Piceno ne ha restituiti a decine, anche degli anni ‘70. Memoria di un Paese senza cellulari che giocava di più per strada. E andava ai Mondiali

Sono giorni di immagini memorabili. Immagini che restano stampate nel nostro cervello, anche se non vogliamo. Dall’Ucraina arrivano orrore, sopraffazione e morte: cadaveri sul ciglio delle strade, edifici distrutti, bambini in uno scantinato, colonne di sfollati. Chi considera la guerra un risiko di cui parlare al bar o in televisione pensi all’uomo che ha provocato tutto questo. Se lo giustifica, si vergogni. Improvvisamente, ecco: un’immagine completamente diversa.

Quella che vedete in pagina è una fotografia che ha colpito molti di noi al Corriere — diversi per età, esperienza, sensibilità. Un’immagine che sembra sbucare dall’infanzia di alcuni, dai sogni di altri, dai desideri di tutti. Un’immagine che strappa un sorriso e una constatazione: l’Italia è un luogo formidabile, dove la poesia, la bellezza e il genio sono, spesso, preterintenzionali. Non lo facciamo apposta a essere così bravi, quando siamo bravi. Neppure le nostre sciatterie sono sempre volontarie; molte sì, però.

Cosa vedete, nella parte bassa della fotografia? Palloni. Ne hanno trovati a dozzine, pulendo il tetto della chiesa di San Tommaso ad Ascoli Piceno, in vista del restauro della struttura, lesionata nel terremoto del 2016. Generazioni di ragazzini li hanno spediti lassù, giocando a calcio nella piazza. I telecronisti, ancora oggi, parlano di «un tiro alla viva il parroco» o di «un campanile» quando il pallone — in un rinvio, in un contrasto — si alza in verticale. Ecco: chissà chi era il parroco, chissà chi ha tirato, chissà quando sono finiti sotto il campanile, quei palloni. Sono rimasti lì per decenni. Un piccolo museo sportivo del Novecento: modelli di plastica e di cuoio (c’è anche quello prodotto in occasione dei mondiali d’Argentina del 1978) che hanno resistito a pioggia, vento, sole d’estate e gelo d’inverno.

Dice il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti: «Tra quei palloni, molti erano recenti. Ci sono bambini che si trovano a giocare in piazza ancora oggi. Meno di una volta, ma ci sono». Vogliamo credergli, nessuno chiederà la datazione dei palloni. Ma l’impressione, a giudicare dalle reazioni, è che rappresentino un rimpianto collettivo. Quei palloni — bianchi, blu, arancioni, a scacchi, gonfi, sgonfi, coperti di muffa, incrostati di fango — sono il racconto di un Paese dove i ragazzini correvano sulle piazze, i nonni guardavano, il curato bofonchiava ma lasciava fare, l’Italia andava ai Mondiali, e magari li vinceva. Oggi quei ragazzini hanno in mano un cellulare, i nonni guardano la guerra in tv, e sulle piazze italiane vigili e cartelli vietano di giocare a calcio. In quanto ai Mondiali, be’, lo sapete. Chiudiamo con un sorriso, in questi giorni serve. Tra i molti commenti apparsi sui social, sotto la fotografia, ecco il migliore: «Gli attaccanti italiani non hanno mai avuto una buona mira».

FONTE: corriere.it


Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *